Scala a San Potito Le Pareti Bianche

Dalla penna ingiustamente dimenticata di Luigi Incoronato, scrittore d’eccezione scomparso prematuramente, nascono le potenti pagine di due vere e proprie gemme della letteratura italiana e napoletana.

Scala a San Potito, romanzo d’esordio dell’autore, pubblicato per la prima volta nel 1950, mette in scena la Napoli dell’immediato dopoguerra: una città desolata, afflitta dalla miseria e ferita indelebilmente nel profondo.

Collana:
Titolo: Scala a San Potito Le Pareti Bianche
Autore: Luigi Incoronato
A cura di Laura Cannavacciuolo
Prezzo: 16,00 €
Pagine: 168
Formato: 16x23
ISBN: 978-88-946597-4-0
Uscita: settembre 2022
Luigi Incoronato nasce a Montreal il 5 luglio 1920 da genitori emigranti. In Italia arriva all’età di dieci anni. Studia a Palermo, Pisa e si laurea all’università di Napoli in Lettere con una tesi sulle Operette morali di Leopardi. Partecipa alla Seconda guerra mondiale sul fronte francese e su quello greco-albanese rimanendo gravemente ferito e, successivamente, partecipa alla Resistenza in Molise come membro del Comitato di Liberazione Nazionale di Campobasso. Dopo la guerra si trasferisce a Napoli dove insegna lettere presso una scuola media. Militante del Partito Comunista Italiano, collabora a diverse testate, tra le quali Cronache meridionaliIl ContemporaneoPaese Sera. Fonda, insieme a Mario Pomilio, Michele Prisco, Domenico Rea, Luigi Compagnone e Gian Franco Vené, la rivista letteraria Le ragioni narrative (1960-1961) che nasce in aperta polemica con lo sperimentalismo letterario allora in auge. Scrive diversi romanzi; il più celebre, nonché suo romanzo d’esordio, è Scala a San Potito (1950), al quale segue la raccolta di racconti Morunni (1952), i romanzi Il governatore (1960), Compriamo i bambini (1963), Le pareti bianche (1968) e L’imprevisto e altri racconti (2006). Luigi Incoronato muore a Napoli il 26 marzo 1967, suicida. I suoi ultimi romanzi, Le pareti bianche e L’imprevisto e altri racconti, vengono pubblicati postumi.

Laura Cannavacciuolo è ricercatrice di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università L’Orientale di Napoli. Suoi testi critici su Camillo Boito, Pier Maria Rosso di San Secondo, Luigi Pirandello, Luciano Bianciardi, Elsa Morante, Ermanno Rea, sono apparsi in riviste specializzate e in opere collettanee. È autrice delle monografie La fabbrica del grottesco (2012), Salvatore di Giacomo. La letteratura e le arti (2015), Napoli boom. Il romanzo della città (2019), «Lavorare nella contemporaneità». Giuseppe Pontiggia lettore (2020). Per l’Editore Roberto Nicolucci dirige la collana di studi di alta divulgazione “mondoscritto”, di cui ha curato il primo volume Dante classico contemporaneo (2022).

Dalla penna ingiustamente dimenticata di Luigi Incoronato, scrittore d’eccezione scomparso prematuramente, nascono le potenti pagine di due vere e proprie gemme della letteratura italiana e napoletana.

Scala a San Potito, romanzo d’esordio dell’autore, pubblicato per la prima volta nel 1950, mette in scena la Napoli dell’immediato dopoguerra: una città desolata, afflitta dalla miseria e ferita indelebilmente nel profondo.

Lo sguardo del protagonista – intellettuale militante e alter ego dell’autore – si posa sulla devastante realtà della Scala a San Potito: un tetto improvvisato sotto il quale s’intrecciano le miserevoli storie dei suoi abitanti. Lì, su quella gradinata, quegli esseri umani avevano ben poche speranze di incontrare chi gli offrisse loro il modo di guadagnarsi un tozzo di pane. Esseri umani condannati a una vita immobile, fatta di giornate che scorrono lente in cui la fame attanaglia e il lavoro non arriva.

Scala a San Potito è un romanzo breve ma dal ritmo serrato che nasconde al suo interno un cupo pessimismo. È un racconto di miseria che lascia l’amaro in bocca ma anche la storia di un’amicizia ricca di dolcezza.

Le pareti bianche, romanzo d’ispirazione autobiografica pubblicato postumo nel 1968, esplora le condizioni del disagio psicologico del protagonista, un reduce di guerra tornato in Italia dopo essere stato ferito sul fronte greco-albanese.

Disilluso dalle ragioni di una guerra in cui non crede e schiacciato dalla paura di tornare faccia a faccia con quegli orrori, il narratore decide di chiudersi in un’amnesia volontaria, simbolo del silenzio e dell’isolamento dell’individuo contemporaneo. Dalla stanza di un ospedale militare, l’unica possibilità di tornare alla vita sembra risiedere nell’oblio. La sua voce, carica di melanconia e disperazione, sparisce all’interno delle quattro mura che lo circondano e, tutto quello che rimane, è il colore delle pareti, bianche, come una pagina vuota che cela la speranza di un nuovo inizio: «Il futuro, il futuro dietro quelle pareti bianche, il futuro, domani, come si arriverà alla pace, che tipo di pace, e come ci arriverò, che parte avrò, chi sarò?»

Le pareti bianche è un racconto intenso e introspettivo che, attraverso il suo testo stringato e telegrafico, scava nel profondo dell’animo umano e ne interroga i turbamenti.

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