Peppe Lanzetta: «Pino Daniele temeva che nessuno lo avrebbe preso sul serio come cantante»

Al Fatto: «si definiva chiatto e mezzo cieco, eravamo in classe insieme. Poi non ci siamo parlati per trent’anni, facemmo pace grazie a James Senese»

Peppe Lanzetta intervistato dal Fatto quotidiano. Tantissimi gli argomenti affrontati, tra cui Pino Daniele suo compagno di scuola.

Sono nato e cresciuto a Piscinola davanti a un prato dove ancora non erano state costruite le Vele di Scampia; dopo le medie, il massimo per le mie aspirazioni è stato frequentare Ragioneria, poi basta, anche perché era morto mio padre e mamma non poteva permettersi altro; (sorride) però trovai in classe Pino Daniele: gli anni più belli della nostra vita.

Pensavamo di fare la rivoluzione; (cambia tono, stridulo) mi insegnò le voci dei femminielli, avevo immaginato una storia su una famiglia napoletana in cui tutti erano transessuali; Pino era la voce della pietra di tufo del corpo di Napoli. Ed era un ragazzo comico.

Viene sempre descritto come un po’ musone

Nel privato per niente; per il Capodanno del 1975 abbiamo organizzato uno spettacolo teatrale al Vomero, lui alla chitarra, mentre io intonavo due suoi brani, uno dedicato a un vecchio gay e un altro sulla perversione; suonava e rideva, non aveva il coraggio di cantarla.

Lei sì.

Io ero un guitto; poi Pino era preoccupato, si definiva chiatto e mezzo cieco, temeva che nessuno lo avrebbe preso sul serio come cantante; (abbassa la voce) nel 1976 sono entrato in banca, però lo accompagnavo agli appuntamenti con i discografici: partivamo in auto e all’altezza del casello fingeva di dormire perché non aveva una lira. Poi qualcosa è cambiato… Grazie al successo del secondo disco abbiamo girato l’italia; dopo ci siamo allontanati.

Perché?

Storie di impresari, produttori, gente che si è messa in mezzo; ma ho avuto il coraggio di sbattergli in faccia la mia verità e per trent’anni non ci siamo parlati.

Fino a quando?

James Senese ha deciso che era il momento dei chiarimenti e ci siamo abbracciati nei camerini del Palapartenope di Napoli, dopo un suo concerto; (pausa) eravamo solo noi tre, gli amici del tempo, e sono scoppiato a piangere con James che nel frattempo aveva iniziato un monologo assurdo, alla Beckett: “È normale, è l’emozione”; qualcosa di meraviglioso. Poco tempo dopo Pino è morto.

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