L’agendina di Minà: un mito e i suoi amici

L’agendina in mostra a Napoli

Le foto che ritraggono Gianni Minà con il pantheon del pianeta Terra sono visibili a Napoli

La domanda è: chi non ha intervistato? Lo testimoniano le immagini: Minà con i Beatles, Minà con Fidel Castro, Minà con il subcomandante Marcos, e con Garcìa Marquez, Sepulveda, Gorbaciov, De Niro, Scorsese, Coppola, Cassius Clay-Mohammad Alì, Vinicius e Toquinho, i Beach Boys, Rigoberta Manchù, Ray Charles, Pavarotti, la Fracci; e Maradona, Troisi, Pino Daniele, Edoardo Bennato… manca soltanto quella di Minà con Dio, che gli appoggia sorridente la mano sulla spalla, come fa el lider maximo, chiacchierando con lui nella carlinga di un jet. Che scatto!
Le foto che ritraggono Gianni Minà con il pantheon del pianeta Terra sono visibili a Napoli, perché il primo progetto della Fondazione intitolata al giornalista ha preso forma ieri in un vicolo del centro antico, nelle sale dei Magazzini Fotografici, «presidio culturale» aperto sette anni fa da Yvonne De Rosa in una ex fabbrica di borse. La mostra «Fame di storie» si compone di 140 istantanee, ha un titolo che sintetizza al meglio la visione di Minà – la sua weltanschauung – e resterà aperta fino al 30 luglio. Perché proprio Napoli? La vedova, Loredana Macchietti: «Lo ha voluto Gianni, che ripeteva spesso: La rinascita di questo Paese non può prescinderne. A gennaio mi sussurrò: Vorrei esserci quando la squadra vincerà lo scudetto. E io: Ma che ne sai tu?». Risposta? «Lo so. Ne era sicuro. Aveva fiuto… lo chiamavo tartufone! La sua sapienza nasceva dall’esperienza e dalla lezione di maestri illustri, Ghirelli, Zavoli, Maurizio Barendson».

Parliamo del progetto, Loredana: «Abbiamo costituito la fondazione nel febbraio scorso. Gianni se n’è andato a marzo, e l’ha tenacemente voluta per non disperdere una eredità fatta di interviste, appunti, immagini, agendina telefonica, libri, documentari… in tre parole, fame di storie»; per giunta, narrate con rigore, simpatia, rispetto, amore per il mestiere e, soprattutto, onestà e pulizia interiore. I suoi interlocutori, potenti, illustri o ignoti, la intuivano. Perciò gli aprivano menti e cuori. Il semplice segreto di una vita.

Yvonne De Rosa: «Un giorno mi è capitato di curiosare nel suo profilo Instagram. Lo aveva aperto da poco… e ho proposto a Loredana di selezionare ed esporre quelle foto così comuni eppure tanto sorprendenti. I personaggi, anche i più famosi, tradiscono volti distesi e una naturalezza che è comune agli album di famiglia». Alcuni ingrandimenti dell’agendina telefonica sono un dettaglio imperdibile, su cui l’amico Troisi, in diretta tv, deliziosamente improvvisò. Massimo aveva ragione perché, scritti a penna, si leggono nomi troppo celebri per essere veri. Eppure, lo sono: Pelè, Coppola, Caetano Veloso, Toquinho, Gilberto Gil, Muhammad Alì…». Più che agenda, si potrebbe parlare di un personalissimo faldone con indirizzi e numeri sparsi ovunque sulle pagine. Ce n’è uno annotato addirittura su una banconota. Yvonne: «Ma ogni numero manca di una cifra. Per espressa volontà di Gianni. La privacy è sacra».

La mostra è resa possibile grazie a Roberto Nicolucci, titolare dell’omonima casa editrice, napoletana, che ha appena pubblicato un gran bel libro, con lo stesso titolo e parte del materiale esposto. Il progetto grafico di una art director come Giulia Reali esalta un volume che è preziosa evocazione di professionalità e memoria; allo stesso modo, la macchina per scrivere di Minà, verde-Olivetti (Lettera 32), in bella mostra su un tavolino, rimanda all’altra, leggendaria, di Montanelli; e rende omaggio a chi ha reso nobile l’antico mestiere di raccontare quella tranche-de-vie che si chiama cronaca. Balzac scrisse: «Se i giornalisti non esistessero non dovrebbero inventarli». Per Gianni e pochi altri si farà una eccezione.

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