“Un dedalo di viuzze che penetra come una lama nell’anima della città”, così definisce Vittorio Del Tufo i Quartieri Spagnoli. Un reticolato di stradine che si incrociano e che collegano la collina del Vomero al centro storico di Napoli. La toponomastica della zona è già di suo intrisa di storia. Inizialmente usato come “dormitorio” per l’esercito spagnolo al tempo dei Viceré, questo casermone a cielo aperto diventa in breve fulcro di una Napoli in fermento. Qui troveranno casa i poveri e “i lazzaroni” della città, ma anche gli animi più illustri e sensibili che hanno soggiornato a Napoli; nel tentativo di “toccare con mano” l’ingegno e la miseria del popolo napoletano, nei Quartieri Spagnoli avranno casa Leopardi ed Eleonora Pimentel Fonseca. Quest’ultima, tra palazzi storici e taverne che ancora esistono e resistono, alimentava il vento della rivoluzione che, nel 1799, portò alla nascita della Repubblica Napoletana. Intorno a questi nomi altisonanti vorticano una miriade di altri personaggi reali e non, che sono stati e sono immutabili nella memoria storica della città. La Santa delle “cinque piaghe”, la Tarantina, Filumena Marturano, il Papa dei Quartieri Spagnoli …
Tutti questi spettri vagano ancora per quei vicoli che oggi sono invasi da orde di turisti affamati, vivono nei racconti di chi fa trincea nei Quartieri, riaffiorano nelle targhe e nelle reliquie sparse distrattamente nelle strade. Tra Napoli e Germania è ambientato poi il primo romanzo noir scritto in Italia. L’autore, Mastriani, è nativo dei Quartieri spagnoli e viene nel tempo definito “narratore del popolo” perché di quel popolo racconta con minuzia gli affanni e le disfatte, aprendo la via al filone della narrativa di denuncia.
Come per Posillipo. Il mito e le storie anche qui le parole di Del Tufo sono accostate alle fotografie di Sergio Siano, che da 40 anni ci regala frammenti mirabili di una Napoli spesso sconosciuta.
Siano e Del Tufo ci mostrano, ancora una volta, quanta storia e quanta magia può contenere un singolo quartiere di Napoli, mescolando passato e presente, architettura e musica, sacro e profano… perché Dio, come scrisse Giuseppe Marotta, creò i Quartieri Spagnoli “per sentirvisi lodato e offeso il maggior numero di volte nel minore spazio possibile”.